Intervista di Ivano Cavallini

Il metodo Nicotra-Musin. Intervista al M° Ennio Nicotra su una nuova didattica della direzione d’orchestra di Ivano Cavallini

Il metodo Nicotra-Musin. Intervista al M° Ennio Nicotra su una nuova didattica della direzione d’orchestra di Ivano Cavallini

di Ivano Cavallini

Ivano Cavallini, professore di musicologia dipartimento cultura e società Università di Palermo, Vice-direttore del PhD in European cultural studies.

Autore del testo fondamentale “Il direttore d’orchestra. Genesi e storia di un’arte” Marsilio editore.

Dalla seconda metà del diciannovesimo secolo, quando apparve  “Le chef d’orchestre” (1856) di Hector Berlioz, l’ambito inizialmente angusto della didattica della direzione d’orchestra si è notevolmente arricchito di manuali, pensati per risolvere i problemi tecnici connessi all’esecuzione di musiche entrate a far parte del repertorio.

La formazione del repertorio, ricordiamolo, contempla lo studio di partiture composte tra la fine del Seicento e l’intero Novecento ed è l’esito di un processo di storicizzazione dal quale sono nati il concetto di interpretazione e la  giovane disciplina del dirigere - giovane se paragonata a quella più vetusta dei singoli strumenti. 

Se la bibliografia sul dirigere è un patrimonio consolidato nei paesi occidentali, quella dei paesi dell’Europa dell’Est è quasi del tutto sconosciuta. Tra i nomi illustri dell’ex Unione Sovietica, per esempio, quello di Ilya Musin solo di recente è entrato a far parte del Parnaso dei  grandi docenti della direzione d’orchestra grazie agli studi condotti dal suo erede spirituale, il Maestro Ennio Nicotra.

Il metodo concepito da Musin, rivisitato e divulgato da Nicotra, si differenzia in modo sostanziale dai precetti della manualistica corrente. Le note biografiche a seguire e l’intervista rilasciata dal discepolo italiano, contribuiscono a far luce sulle ragioni del successo conseguito dalla prassi innovativa ispirata alla tecnica del grande artista russo. 

Ilya Alexandrovich Musin nasce, secondo il calendario giuliano allora adottato in Russia, il 24 dicembre del 1903 a Kostroma.

Ilya Alexandrovich Musin In seguito, quando la Russia di Lenin si allineò a quello gregoriano, la data venne spostata al 6 gennaio 1904. Ed era proprio in questo giorno che gli allievi tradizionalmente si riunivano nel suo appartamento per festeggiare il suo compleanno.  Il padre di Musin  era un orologiaio e la madre morì quando lui aveva solo sei anni.

Un giorno intorno ai 10 anni giocando con degli amici riprodusse al pianoforte una melodia semplice, ragione per la quale il padre decise di mandarlo a studiare a Pietroburgo insieme alla sorella più piccola.

Così, ancora bambino, si venne a trovare in quella città dove sarebbe stato testimone di avvenimenti che avrebbero cambiato il corso della storia , e dei quali conservò sempre una viva memoria.

Ilya Musin profuse un grande impegno nello studio del pianoforte, finché in un giorno d’inverno, mentre si esercitava in una stanza non riscaldata, sopravvenne un problema al tendine che lo costrinse ad abbandonare lo strumento. Per questo motivo optò per la direzione d’orchestra sotto la guida di Nikolaj Mal’ko (1883-1961), famoso direttore in ruolo al Conservatorio di Pietroburgo.

In breve Ilya divenne il suo assistente prediletto, e quando Mal’ko si recava in tournée all’estero, lo sostituiva in qualità di insegnante. Nel 1929, informato del fatto che il Conservatorio non gli avrebbe rinnovato il permesso di esibirsi fuori dall’URSS, Mal’ko preferì non rientrare in patria e prese la residenza a Copenhagen. Dopo la drastica scelta, oltre alla intensa attività concertistica, si dedicò alla stesura del trattato The Conductor and his Baton (Copenhagen 1950), grazie al quale ancor oggi viene ricordato.

Poco  tempo dopo fino alla morte, Musin ottenne l’incarico di guidare la classe di direzione per un totale di circa settanta anni di  attività. Un primato senza pari.

In breve tempo le lezioni di Musin presero un percorso diverso rispetto a quello tracciato da Mal’ko. Anzitutto, impose la presenza stabile di due pianisti accompagnatori, mentre prima erano gli studenti ad alternarsi alla tastiera. Poi, l’esperienza didattica lo obbligò a riflettere a lungo sui quesiti più elementari della disciplina.

Per esempio, come spiegare un attacco, come evidenziare le varie sfumature degli accenti, come affrontare lo staccato e il legato , come costruire un periodo seguendo un filo logico, come passare da un tempo all’altro….  Per rispondere alle domande degli studenti si votò con passione alla disamina delle problematiche che Mal’ko non aveva mai affrontato: l’aspetto prettamente tecnico connesso alla comunicatività e la trasmissione di un pensiero interpretativo.

Alcuni direttori, Bernstein e Muti tanto per citare, hanno avuto il raro dono di possedere una tecnica innata, e questo vale anche per Musin. Egli iniziò ad analizzare con precisione certosina tutto ciò che faceva con le braccia e con le mani mentre dirigeva, e da questo studio puntiglioso ricavò le regole generali della sua didattica. Arricchì la materia introducendo termini di nuovo conio, atti a indicare sia i gesti di base, sia i gesti particolari, sino a formare un lessico autonomo.

Dimostrò la convenienza nell’utilizzare taluni gesti piuttosto che altri, attraverso la verifica del risultato sonoro da parte dei discenti, costretti a un rigoroso controllo delle proprie capacità. Unitamente alla decifrazione dello stile di molti direttori stranieri, in specie Bruno Walter, Otto Klemperer, Oskar Fried, Felix Weingartner, Hans Knappertsbusch, Hermann Scherchen, Hermann Abendroth,  Fritz Busch, Erich Kleiber, Fritz Stiedry, Dimitri Mitropoulos (Grecia), ospiti dell’URSS sino al 1936, l’anno della chiusura delle frontiere; tutto ciò contribuì alla istituzione di una sistematica del dirigere che non ha eguali.

Più volte Musin raccontò quanto fosse stato utile guardare quegli artisti in azione. E le videoregistrazioni dei loro concerti attestano l’esistenza di un filo rosso che apparenta la personalità di Musin con quella dei maestri di scuola tedesca, anche se definire il concetto di scuola del Dirigieren suscita molte e giustificate perplessità.

Un altro aspetto della carriera di Musin merita la massima attenzione. Per quanto paradossale possa sembrare, al cospetto di un’arte che non ammette regole fisse, se non quelle fondamentali, lo sviluppo di una ‘prassi scientifica’ nello studio della direzione d’orchestra è stato possibile grazie alla chiusura di un paese trincerato entro i propri confini prima e dopo la cortina di ferro.

Come accadde sino a un certo periodo con la recitazione a Stanislavsky, o a Haydn che gettò le premesse del classicismo viennese nella sperduta campagna di Eisenstadt, Musin riuscì a elaborare il suo metodo in virtù di un quasi totale isolamento, propizio alla creazione libera da influssi esterni.

Tuttavia, la lunga chiusura politica dell’URSS ha celato il lavoro di Musin alla vista del pubblico occidentale, se si escludono i paesi che rientravano nell’orbita comunista ammessi a intrattenere scambi culturali con l’ex superpotenza. Solo a partire dagli anni Settanta del secolo scorso il suo nome cominciò a circolare in sordina anche a ovest, grazie a un numero ristretto di allievi cui era concesso di esibirsi ovunque. 

Senza scalpori e pago del suo magistero, Musin fece tesoro di quanto poté apprendere dai colleghi più celebri. Negli anni della guerra, durante l’evacuazione del conservatorio a Tashkent, iniziò la stesura di un trattato sulla tecnica direttoriale, Technika dirizhirovanja, che vide la luce nel 1967. Un testo scritto anche su fogli di carta che il figlioletto Edik recuperava cercando fra la spazzatura della capitale dell’Uzbekistan.

In quasi tre quarti di secolo, alla scuola di Musin si sono formati centinaia di direttori, alcuni dei quali appartengono alla élite del concertismo mondiale: Semyon Bychkov, Yuri, Temirkanov, Valery Gergiev, Rudolf Barshaj.


Ennio NicotraEnnio Nicotra nasce a Palermo nel 1963. Conclusi gli studi  nella sua città natale nel 1989 si trasferisce a San Pietroburgo dove vince di una borsa di studio di quattro anni, per essere ammesso a frequentare la classe di Ilya Musin al Conservatorio Nikolaj Rimsky-Korsakov.

E’ assistente di Ilya Musin ai corsi che il Maestro tiene all’Accademia Chigiana. Intraprende la carriera direttoriale ma si dedica sin da subito alla docenza. Nel 2007 pubblica per le Edizioni Curci un manuale in quattro lingue sul metodo Musin, dal titolo Introduzione alla tecnica della direzione d’orchestra. 

Si tratta di un saggio provvisto di un DVD, nel quale sono riprodotti gli esempi del celebre duo pianistico Canino – Ballista, i quali operano in veste di “sostituti dell’orchestra”.

Nel 2002 fonda la Ilya Musin Society, nella quale militano studenti che provengono da ogni parte del mondo. Tiene masterclasses e corsi annuali negli USA, in Brasile,  Libano, Francia, Inghilterra, Russia e in Italia.

Molti dei suoi allievi sono oggi direttori stabili di orchestre prestigiose.


 

D: Maestro Nicotra come si svolgevano le lezioni nella classe di Musin? 

Nel Kybalion , il libro della sapienza ermetica, c’è un passo che recita: “Allorché si ode il rumore dei passi del maestro, si aprono le orecchie di coloro che sono pronti a riceverne l’insegnamento”. Questo è esattamente lo stato d’animo di noi allievi appena percepivamo la presenza di Musin in corridoio. Le lezioni erano una gioia, una festa, si tornava a casa con l’animo grato per gli insegnamenti ricevuti. Durante la settimana si lavorava in classe con il duo pianistico e il sabato mattina con l’orchestra.

Con il passare degli anni  ho capito che in realtà é molto più difficile fare suonare bene ed esattamente insieme due pianisti che un’orchestra intera. Allorquando l’orchestra avverte l’incapacità o inesperienza del direttore preferisce ignorarlo e procedere da sola.

Per tale ragione si deve cominciare a studiare con due pianisti e poi  passare alla prova con  l’orchestra. I pianisti hanno sempre lo sguardo puntato su di te e non ti perdonano nulla. Il rapporto con l’orchestra spesso è falsato dalla buona volontà dei suoi componenti . Sono certo che senza questo invisibile aiuto che si attiva automaticamente nelle situazioni di pericolo decine di carriere illustri non si sarebbero potute realizzare.

D: come nasce il suo desiderio di dedicarsi alla didattica?

Musin Siena NicotraCredo che fosse un’inclinazione che portassi dentro da sempre. Ciò che probabilmente mi ha dato la spinta decisiva sono stati gli anni di assistentato con Musin all’Accademia Chigiana. Io arrivavo direttamente da San Pietroburgo, e avendo compiuto gli studi a San Pietroburgo non avevo altri termini di paragone.

Vedere studenti di tutte le razze che avevano frequentato famose istituzioni, osservare l'impacciamento di molti di loro di fronte ai due pianisti e poi all’orchestra, per me fu uno shock inimmaginabile.

Uno shock benefico col senno di poi, che mi fece capire l’universalità del linguaggio codificato da Musin e il vuoto che la sua scolastica avrebbe potuto colmare. E' a Siena che decisi cosa avrei voluto "fare da grande!"

D: c’è continuità fra la lezione di Mal’ko e quella di Musin?

Una volta io stesso gli rivolsi questa domanda. Indubbiamente Musin è stato allievo di Mal’ko, e questo è un fatto innegabile. Le lezioni di Mal’ko si svolgevano nella seguente maniera: innanzitutto nella classe a quel tempo non c’erano i pianisti accompagnatori. Negli anni Venti erano gli studenti di direzione ad alternarsi al pianoforte.

Musin2Ma ciò che mi lasciò basito fu constatare che dopo l’esecuzione - forse in sintonia con l’autocritica del nuovo corso politico - tutti esprimevano la loro opinione sulla prova del collega!

Quindi, a sentire Musin, non c’era con Mal’ko quel lavoro di analisi indirizzato a sviluppare e poi a rafforzare la consapevolezza degli studenti.

Qualche tempo fa, ipotizzando che ci fosse una linea di continuità tra i due, fui invitato a relazionare ad un convegno che si teneva in un conservatorio dell’Italia del nord. Dopo aver letto il metodo di Mal’ko non trovai nulla in comune con la scuola di Musin, e così declinai l’invito

D: è stato facile impadronirsi del Metodo?

No. Molto difficile. Ho impiegato più di un anno per cominciare a comprendere come funzionava quella didattica. All’inizio vedevo questi gesti in aria e ascoltavo le correzioni di Musin, ma non riuscivo a mettere insieme le due cose.

Pensavo che le sue osservazioni fossero frutto di un’illusione, di una sua autosuggestione. A volte pensavo che ci stesse prendendo in giro. 

Non è agevole collegare  il gesto con il risultato  sonoro che si ottiene, all’inizio sembrano cose del tutto scisse fra loro.

lenteBisogna avere un occhio allenato e una non comune capacità di connettere l’azione fisica con la reazione degli strumenti.

Poi, molto lentamente, le tenebre hanno cominciato a dileguarsi. Riuscivo a mettere insieme le due realtà, vedevo e sentivo anch’io gli errori. Ero in grado di prevedere i passaggi in cui Musin avrebbe ripreso i miei colleghi  e anche con quali parole lo avrebbe fatto. Erano momenti di indicibile soddisfazione

Purtroppo poi è accaduto qualcosa di irreparabile.

La vista di Musin peggiorò notevolmente e negli ultimi anni egli sorvolava su molti particolari. In pratica io continuavo a vedere gli errori e lui rimaneva silente. Fu un momento doloroso quando avvenne il suo declino.

Io ebbi la fortuna di incontrarlo ancora nel pieno delle forze, nonostante i suoi 86 anni. Egli continuò ad insegnare per altri nove e collocherei la fase di decadenza fisica dopo il compimento dei 92 anni.

D: come ha ricreato il Metodo Musin, quale è stato il suo apporto innovativo? 

Il metodo Musin si basa su principi molto semplici. Guardando dirigere uno dei suoi o dei miei allievi si nota una certa naturalezza nel gesto, ma è una condizione che si conquista duramente.

I direttori in grado di coordinare con disinvoltura la gestualità, che riescono cioè a modellare la massa sonora a loro piacimento, esercitano facilmente il loro dominio sugli orchestrali. Anche se questi non sempre si rendono conto di tutto lo studio preparatorio, avvertono intuitivamente che le prove funzionano.

dedica musin 243x300Io credo che il metodo Musin sia perfetto così com’è. Non è modificabile. Non lo si può migliorare, e se alcuni pensano di poterlo fare in realtà lo danneggiano. Io ho semplicemente cercato di proporlo in maniera diversa.

Provo ad esporre agli studenti gli stessi principi e di renderli celermente assimilabili. Spiego contestualmente quali sono i fondamenti sui quali essi poggiano. Quando studiavo in classe con Musin lui era chiaro  nelle sue esemplificazioni. In seguito, cercai di venire a capo della ratio che governava i suoi principi.

Era un lavoro di scavo molto proficuo. Trovai una spiegazione plausibile a tutte le sue critiche: il che mi permise di ricondurre ogni particolare alle regole generali. Lui ignorava questo mio graduale discernimento.

Poi un  giorno, nel maggio del 1991, andai a casa sua, aveva appena ricevuto le copie della seconda edizione del suo primo libro, (Technika dirizhirovanja,1967), alla quale mi sono ispirato.

Estrasse dal pacco un esemplare, vi mise una dedica e me lo regalò. Le lascio immaginare il mio stupore ed anche un po’ la stizza nel trovare spiattellati i segreti che a fatica negli anni ero riuscito a svelare.

Se mi avesse detto subito come sciogliere una serie di dilemmi, sarei arrivato con minore fatica e dispendio di tempo agli stessi risultati.

Perciò ai miei allievi espongo la materia in modo diverso e loro imparano in fretta, fermo restando che il metodo è quello.

Ho parlato con colleghi che, nonostante avessero studiato a lungo con Musin, mi hanno confessato di non aver mai colto il filo logico dei suoi ragionamenti.

D: Quindi questo episodio lo ha tenuto presente durante la stesura del suo manuale…  

Indubbiamente. L’essere stato costretto a trovare da solo le radici di quella scolastica mi è stato utile.

I lati deboli del libro di Musin sono a mio avviso l’uso di un linguaggio troppo contorto, che a tratti lo rendono incomprensibile, e la mancanza di un supporto visivo allora impensabile. Per me è chiaro quello che intende dire nel suo saggio, ma per una persona estranea alla sua tecnica la narrazione appare assai criptica.

D: Maestro vuole spiegare in dettaglio come ha predisposto la lettura del suo metodo in relazione al DVD e come ha proceduto alla scelta dei brani?

Tecnica della direzione dorchestraL’idea iniziale era quella di tradurre in italiano il libro del Maestro.

Quando arrivai al quinto capitolo, ove egli si addentra nella spiegazione dei gesti, la traduzione mi creò delle enormi difficoltà a causa del linguaggio.

Capii che sarei finito in un vicolo cieco e accantonai il progetto.

Lo ripresi quando apparvero sul mercato i primi CD-ROM, e allora pensai che avrei potuto dare una nuova forma al lavoro. Insomma, ritenni opportuno realizzare uno strumento di consultazione più agile rispetto al manuale per rendere fruibile il metodo di Musin a una vasta platea, dall’amateur al professionista.

Musin ha individuato dei gesti specifici che devono essere realizzati in una maniera particolare per garantire il buon esito. Come trasporli sulla carta? 

Qualche volta a Pietroburgo venivano dei giovani che, avendo studiato sul suo manuale, chiedevano di dirigere per il maestro. I risultati erano contradittori. Era evidente che la lettura di un testo scritto dava adito a interpretazioni soggettive. Un esempio a tale riguardo:  se mi limito a descrivere con la parola un gesto di natura percussiva ogni lettore potrà interpretarlo a suo modo.

Se invece riesco a fissare con chiarezza grafica e sonora l’interpretazione, il lettore è nella condizione ideale di intendere al volo il messaggio.

Sin dai tempi di Berlioz, nei trattati di direzione vi sono degli esempi con il disegno degli schemi.

Ma gli schemi trasposti in forma grafica veicolano l’intento in modo assai vago.

44 e1476737080641Durante la direzione di un qualsiasi brano gli schemi subiscono dei mutamenti, imputabili al carattere del pezzo, al ritmo, al fraseggio, alla dinamica, al tempo, all’agogica per dirla in breve.

A me interessa spiegare gli schemi che  la bacchetta o la mano utilizzano così come si svolgono nella realtà.

Per questo motivo è stato di fondamentale importanza utilizzare la grafica  in movimento, ossia nel suo farsi diacronico, a confronto con il movimento reale delle mani, e a confronto con la successiva traduzione sonora nella realizzazione del DVD.

Per rendere perfetto il procedimento, ho incluso dei brani che meglio di altri si prestano all’applicazione delle nozioni affrontate nel libro.

Procedendo con ordine, dapprima compare lo schema neutro reso in forma grafica che il lettore può seguire sul video.

A seguire vi sono gli esempi ai quali è applicato lo schema in oggetto.  Inoltre, ho lasciato degli spazi vuoti accanto al nome dello schema, cosicché, una volta visionato il DVD, il lettore può riportarlo affianco a matita, e questa è la fase decisiva nel processo di apprendimento.

La lettura e la visione devono camminare di pari passo, solamente in questo modo si può ottenere un vero beneficio.

Apprendere quanto è riportato nel testo senza guardare il video o viceversa non serve a nulla.

canino ballistaIndubbiamente la tecnologia mi ha dato la possibilità di effettuare un lavoro di sintesi inimmaginabile fino a pochi decenni prima. Ho potuto ridurre le spiegazioni all’essenziale e pubblicare il volume in quattro lingue, un lavoro di selezione che mi è costato quattro anni di intenso lavoro.

È stato un bel periodo di gestazione e sapere che il duo Canino – Ballista condivideva il progetto è stato di grande conforto. Di pari soddisfazione è constatare che molti corsisti sono entrati in contatto con il pensiero di Musin. Basti pensare ai tanti allievi che arrivano con il libro sottobraccio alle mie masterclasses, sia in Italia che all’estero.

Anni fa ad un mio corso partecipò uno studente australiano.

Rimasi sorpreso dalla sua direzione, chiara, precisa, inequivocabile. Fu inevitabile chiedergli se avesse studiato a S.Pietroburgo. Mi rispose di no, aveva studiato sul mio libro!

Ciononostante, non è un manuale a plasmare un direttore d'orchestra, giacché può solo fornire le basi per iniziare.

Musin identificava quattro livelli ai quali l’allievo doveva innalzarsi fino a raggiungere una maturazione completa, e delle stesse fasi parla Stanislavsky.

Il mio contributo si ferma al primo livello, ma è pur sempre la chiave per accedere ad un sistema di più ampia portata.

Ivano Cavallini


Terzo Corso Internazionale di direzione d’orchestra “Città di Roma” - Marzo 2021 - Ottobre 2021

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Ilya Musin Society

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del Mo Ennio Nicotra

C.F 97190890828

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